IL BULLISMO
Bullismo, violenza tra i banchi, teppistelli, baby-gang... Negli ultimi anni il fenomeno del bullismo si è diffuso a macchia d’olio, in tutti i gradi scolastici, anche alle elementari, e con un aumento notevole tra il sesso femminile.
Sia in televisione che sui giornali appaiono spesso articoli con questo argomento che sottolineano l’importanza della diffusione delle informazioni in merito.
Sicuramente un'informazione adeguata potrebbe, se non prevenire, sicuramente fare in modo che gli adulti di riferimento (genitori ed insegnanti) possano riconoscere subito quei comportamenti tipici delle vittime di bullismo.
Quando si parla di "vittime" bisogna inoltre tenere bene a mente che nei casi di bullismo sono vittime sia gli aggrediti che gli aggressori.
Il bullismo è un problema molto serio che non va sottovalutato, in quanto può provocare alle vittime seri problemi psico-somatici
che non sono da sottovalutare. Possono infatti sviluppare sempre di più
una bassa autostima, fino ad arrivare a forme di depressione, di
isolamento sociale, di aggressività (identificazione con il
persecutore), di rifiuto della scuola, e persino di tentativi di
suicidio. Molto spesso, gli stessi bulli sono stati a loro volta vittime di bullismo.
Molti, però, parlano di bullismo a sproposito, quindi vediamo di capire bene quando siamo realmente di fronte a un caso di bullismo.
Il cosiddetto "bullismo" consiste in atti di intimidazione, sopraffazione, oppressione fisica o psicologica commessi da un soggetto “forte” (il bullo) nei confronti di uno “debole” (la vittima) in modo intenzionale e ripetuto nel tempo.
Le aggressioni possono essere di tre tipi:
- fisiche: calci, pugni, sottrazione di beni;
- verbali: minacce, offese, insulti, prese in giro;
- psicologiche: esclusione, isolamento, diffusione di calunnie.
Il fenomeno riguarda maschi e femmine e si manifesta soprattutto in ambito scolastico, ma anche in strada, nei locali, nei luoghi di ritrovo e su internet. In quest'ultimo caso si parla di "cyber-bullismo" o "bullismo informatico".
E' importante sottolineare che si può parlare di bullismo solo quando questi episodi sono eseguiti da un soggetto più forte (per età, forza fisica od aggressività), sono intenzionali e ripetuti nel tempo.
Ad esempio non sono bulli due compagni di scuola che si litigano il posto in ultima fila sul pullman durante una gita, e magari vengono alle mani. Così come non è un bullo il colpevole di un furto.
GLI ATTORI DEL DRAMMA.
Il bullismo non è mai qualcosa che riguarda due persone che non si vanno a genio, ma coinvolge tutto il gruppo, la classe o l’ambito degli amici. Oltre al carnefice principale, il "bullo-capo", quello con più carisma, esistono dei "gregari" che di fatto costituiscono il gruppo di bulli e che sotto l’influenza del bullo-capo agiscono in modo prepotente.
Senza il bullo-capo non ci sarebbero i gregari, ma è vero anche il contrario: il bullo principale ha bisogno dei suoi scagnozzi, senza i quali non si sentirebbe così invincibile.
Chi ha assistito (o ha subìto) degli atti di bullismo se ne sarà accorto subito: quando il bullo è da solo non si comporta in modo tanto spavaldo come quando è spalleggiato.
Ricordate: la solitudine fa il bullo innocuo.
Ma torniamo agli altri “attori” dell’atto di bullismo. Accanto a coloro che si accaniscono sulla vittima ci sono anche i "sostenitori", cioè dei ragazzi che simpatizzano per i carnefici ma non prendono attivamente parte all’aggressione. Sono quelli che più ci fanno arrabbiare, si comportano da codardi, tifano per la squadra che vince facilmente.
Ci sono poi "i qualunquisti", cioè quelli che ignorano la scena e che, di fatto, fanno il gioco dei prepotenti.Tutta questa gente, dunque, è a favore, diretto o indiretto, dei bulli.
E la povera vittima? Non ci sono grandi sostenitori per lui, al massimo dei simpatizzanti che, senza farsi troppo notare per paura di finire sotto le grinfie dei bulli, stanno con la vittima, almeno con il cuore.
RAPPORTI PERVERSI.
Diversi studi psicologici e sociali hanno confermato quello che nel campo dell'autodifesa si sa da sempre e cioè che spesso
la vittima e il carnefice in qualche modo "si scelgono”. Si è visto infatti che le vittime privilegiate sono spesso soggetti tendenti ad un carattere timido e introverso, soggetti insicuri e ansiosi, con un basso livello di autostima, che non sono assertivi e non sanno difendersi (ovvero: sono vittime passive).
Altri tipi di vittime hanno invece un carattere che non solo rispecchia quello delle vittime passive, ma anche quello dei bulli. Avendo un carattere “combinato” tra una tendenza passiva e l’altra reattiva e provocatrice, diventano una volta vittime e l’altra bulli, riproponendo con altri ciò che loro stessi subiscono.
Il bullo viene così attirato da coloro che reputa in qualche modo indifesi e li sottomette, ma è importante sottolineare che:
NON è la vittima a provocare in qualche modo il bullo, ma è quest’ultimo che viene “stimolato” proprio dall’isolamento dell’altro bambino, dalla sua apparente debolezza e dal comportamento insicuro percepito.
RICONOSCERE LE VITTIME DI BULLISMO.
Nonostante i quotidiani fatti di cronaca, il bullismo rimane ancora un fenomeno sconosciuto a molte famiglie. Ciò che la maggior parte dei genitori ignora non è tanto l’esistenza del problema sociale in sé,
quanto il fatto che il disagio potrebbe riguardare da vicino il proprio figlio o la propria figlia.
Le vittime dei soprusi, infatti, parlano raramente con gli adulti delle violenze che subiscono. Si chiudono in se stessi, esitano a raccontare le proprie giornate, sorvolano su quei fatti che per loro rappresentano una perenne condizione di sofferenza. La ragione più evidente è che hanno paura di subire maggiori violenze per aver “fatto la spia”.
Ma a ciò si associa quasi sempre un motivo ben più sottile e per questo più difficile da superare: i bambini vittime del bullismo si vergognano della propria debolezza, di non saper reagire, di essere il bersaglio preferito di quei ragazzi che tutti considerano dei leader e, non ultimo, di essere “quel che sono”: bambini cicciottelli o occhialuti finiscono il più delle volte ad attribuire alla propria condizione fisica la responsabilità di ciò che avviene e a rivolgere per questo verso se stessi la propria rabbia.
Come dire: “sono diverso dagli altri ed è per questo che finisco vittima del bullo della scuola”.
Ciò che invece i ragazzi devono imparare è che non c’è nulla che non va in loro: il bullismo è un comportamento sbagliato “a prescindere”.
Ecco allora che l’intervento della famiglia diviene determinante. Mamme e papà devono imparare a comprendere il proprio figlio più di quanto egli sappia fare da solo. Per riconoscere i segnali di un eventuale disagio, per evitare che rimanga vittima del fenomeno. Ma anche per impedire che a trasformarsi in “bullo” possa essere un giorno proprio il loro bambino.
Nel prossimo post vedremo quali sono i segnali tipici delle vittime di bullismo.