sabato 28 giugno 2014

L'evoluzione del rapporto vittima-carnefice nelle coppie.


La violenza fisica sulle donne è un fenomeno odioso e purtroppo sempre più diffuso, indice di un malessere sociale crescente. Ma ciò che va ben compreso, per intendere il fenomeno è che la violenza fisica è solo la fine di un processo che inizia molto tempo prima ed inizia con la violenza psicologica.

In generale, ogni fenomeno di violenza ha questo decorso: inizia con la violenza psicologica e termina con atti fisici: schiaffi, pugni, calci e altre manifestazioni di potenza che un carnefice esercita su una vittima.

Il nesso fra violenza psicologica e violenza fisica è ancor più forte nell’ambito della violenza domestica sulle donne. In questo caso il processo è particolarmente lento, corrosivo e crudele: inizia con forme sottili e quasi indistinguibili dal normale conflitto presente in ogni coppia, poi col tempo la violenza psicologica aumenta, diventa disprezzo e, lentamente ma inesorabilmente, muta in forme di violenza fisica.
Per capire, dunque, le motivazioni alla base della violenza fisica sulle donne è necessario individuare e capire quando inizia la violenza psicologica.

La violenza psicologica è difficile da distinguere da un normale conflitto di coppia. Ma ci sono indizi che possono aiutarci ad individuarla e questi sintomi sono strettamente collegati alle cause che, molto spesso, spingono un partner a trasformarsi in carnefice.

Il primo indizio che ci deve far subito alzare le orecchie è quando il nostro partner ci muove "critiche generalizzate".
Una "critica generalizzata" è molto diversa da una critica specifica o da una lamentela. In queste ultime il partner si riferisce ad un fatto ben specificato nel tempo e nello spazio (ad es.: «Oggi hai fatto la civetta con Luigi, potevi farne a meno!») e quindi è rivolta ad un ben specifico comportamento.
La critica generalizzata invece da un giudizio sulla persona in generale (ad es.: «Fai sempre la civetta con tutti...»).
Questa differenza è meno sottile di quanto si immagini ed è un campanello d'allarme che ci avverte che c'è qualcosa che non va.
La causa di queste generalizzazioni è spesso l’insicurezza che porta il partner a credere di aver compreso un tratto generale (negativo) della sua partner.

Senza esagerarne l'importanza, questo è comunque un primo, sottile indizio che può preludere alla formazione di un rapporto di carnefice-vittima. Nella maggioranza dei casi il primo stadio di violenza psicologica inizia con una serie di "critiche generalizzate” rivolte al partner.

Il passo successivo, che si verifica quando la vittima non ha preso alcuna contromisura nei confronti di queste critiche, consiste in una forma di aggressività nel dialogo.
Anche questo è solo un sintomo, ma se trascurato diventa il presupposto di un rapporto che sta prendendo un brutta piega. Non sempre questo stadio sfocia in forme gravi, ma in genere le forme gravi passano sempre da questo stadio.
Qui la violenza psicologica prende la forma del predominio nel discorso, del mettere a tacere ogni risposta, del rendere la vittima incapace di sostenere le sue ragioni. Il carnefice sta logorando la sicurezza della vittima, sta facendo in modo da convincerla di essere “incapace”, “stupida”, “sbagliata”; sta cercando di crearle dei sensi di colpa e di renderla inoffensiva sul piano della relazione.

D'ora in avanti il processo aumenterà la velocità, le reazioni della vittima saranno sempre più deboli, mentre al contrario la forza del carnefice aumenterà sempre di più. Egli ha ormai capito che la vittima è in suo potere e che può disporre di lei a suo piacimento. Può ingiuriarla, accusarla, ridicolizzarla senza che essa possa controbattere o reagire. Il disprezzo è uno stadio già più visibile: le continue offese, le continue manifestazioni di disgusto e di odio sono sintomi di una situazione ormai grave.

D'ora in avanti la violenza passerà sempre di più dal piano psicologico a quello fisico, anche se inizialmente questa sarà, per così dire, indiretta.
Gli insulti sempre più pesanti, si mischieranno con le minacce, le urla e i gesti inconsulti, anche se inizialmente saranno rivolti contro oggetti e suppellettili.

Ormai il carnefice ha raggiunto il suo pieno potere: la vittima sarà completamente incapace di reagire ed anzi, addosserà a se stessa le colpe del partner. Si convincerà che è lei che lo fa arrabbiare ed irritare, che è lei la causa della violenze che sta subendo perchè si comporta male, è cattiva, non lo comprende, non lo aiuta... E poi inizieranno le botte.

Il meccanismo della violenza psicologica è una spirale. Se da un lato c’è una carnefice sempre più aggressivo, dall’altro c’è una vittima sempre più “docile”. Infatti spesso le donne vittima di violenza si rendono conto troppo tardi di essere ormai diventate vittime e a quel punto credono che sia ormai tardi.

Hanno paura di subire un trattamento sempre più duro e, per evitare di peggiorare la situazione, credono sia saggio essere remissive, e cercano di “stare buone“.
Trangugiano offese e accuse, subiscono schiaffi e maltrattamenti, e rimangono convinte che la situazione migliorerà se loro sapranno essere “più docili”.

Il carnefice a questo punto è vittorioso: la vittima si è imposta da sola il ruolo, si addossa la colpa di ciò che accade.

Questo è il lavaggio mentale che il carnefice è riuscito a operare nella psicologia della vittima.

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