lunedì 29 giugno 2015

Il Metodo O'Neill



Dermot "Pat" O'Neill fu un detective della Shanghai Municipal Police negli anni 30 del XX secolo e fu pupillo del colonnello E.W. Fairbairn da cui imparò il famoso metodo di Close Quarter Combat.
Spinto dallo stesso Fairbairn, O'Neill iniziò a praticare lo Judo al Kodokan di Tokio, la "Mecca" del Judo mondiale, dove divenne rapidamente uno dei più forti e temuti combattenti.
Quando iniziò la II Guerra Mondiale, O'Neill collaborò, in veste di agente di collegamento, con la resistenza cinese e da questi apprese una forma molto essenziale e brutale di Kung-fu, finalizzata a scopi militari.
Quando frequentava il Kodokan di Tokio, O'Neill ebbe modo di conoscere il prof. Hironori Otsuka, fondatore del Wado Ryu Ju-jitsu Kempo e ne frequentò a lungo la palestra, imparando i fondamenti di questo formidabile stile di Karate.
Nel 1943 O'Neill divenne istruttore di close-combat della famosa Brigata del Diavolo che si sarebbe poi coperta di gloria durante l'invasione dell'Italia.

O'Neill integrò il Metodo di Fairbairn con diverse tecniche e strategie del Karate Wado Ryu, del Kung-fu cinese (metodo Chi-Chi Sao) e dello Judo, ottenendo un sistema di lotta particolarmente adatto alle truppe d'assalto e al combattimento contro più avversari provenienti da diverse direzioni.
Questo nuovo metodo era più complesso del Sistema di Fairbairn, ma formidabilmente efficace nelle fasi caotiche ed altamente stressanti dei combattimenti in spazi ristretti (trincee, vicoli urbani ed interno degli edifici).

La genialità del Metodo O'Neill fu però l'integrazione delle tecniche a mani nude con l'arma da fuoco individuale, la baionetta e il coltello da combattimento. Le posizioni, le tecniche e i principi erano gli stessi, sia che si usasse il fucile piuttosto che il coltello o che si fosse disarmati, di modo da facilitare enormente sia l'apprendimento del Metodo che la sua messa in pratica. Questo era fondamentale nelle fasi concitate ed altamente stressanti di uno scontro a distanza ravvicinata.



Dopo lo sbarco ad Anzio, le truppe alleate furono bloccate da una linea difensiva tedesca molto ben congegnata, la cosiddetta Linea Gustav. Nonostante i pesanti bombardamenti aerei ed una marcata superiorità in uomini e mezzi, tutti gli assalti alleati furono respinti sanguinosamente. Fu qui che intervenne la Brigata del Diavolo che in un solo assalto notturno sfondò la Linea Gustav in più punti, costringendo i tedeschi a ritirarsi.
Giunti di sorpresa a ridosso delle trincee nemiche, gli uomini della Brigata del Diavolo impegnarono i tedeschi in violenti combattimenti corpo a corpo e qui emerse la formidabile efficacia del Metodo O'Neill. Nel giro di sole due ore le forze tedesche furono sbaragliate e il fronte sfondato, costringendo il resto delle forze nemiche ad una precipitosa ritirata per non rimanere circondati.
I comandi alleati rimasero così impressionati che adottarono il Metodo O'Neill per tutte le loro forze speciali, usandolo come insegnamento standard fino al 1991. Attualmente il Metodo O'Neill è usato dagli uomini della famosa Delta Force americana.

domenica 22 marzo 2015

La forza del numero.

Fa impressione l'episodio di cronaca capitato pochi giorni fa, dove un vigile è stato aggredito e malmenato, per fortuna senza gravi conseguenze, da un gruppo formato da sei facinorosi.


Questo dimostra che anche nella tranquilla Trento i tempi sono ormai cambiati e si deve fare i conti con una nuova realtà (anche se a dire il vero è già da diversi anni che questa realtà sta prendendo gradualmente piede).
I cittadini e le FF.OO. devono fronteggiare il fenomeno di una micro-criminalità sempre più diffusa e persistente che probabilmente è stata sottovalutata per troppo tempo, forse perchè "micro".
I tipici balordi non commettono grandi crimini, ma sono sempre più numerosi, sempre più spavaldi e sempre più aggressivi, favoriti da un pericoloso lassismo legislativo e da una buona dose di impreparazione e di buonismo di facciata dei "vertici" che dovrebbero invece contrastare prontamente e decisamente questa situazione. Purtroppo gli strumenti legislativi e giuridici sono carenti e a farne le spese sono i cittadini e le stesse FF. OO.

Senza entrare troppo nei particolari (mancano troppi dati) e senza voler criticare il comportamento del vigile che ha subito l'aggressione, cercherò di fare una breve analisi dell'episodio.
Le brave persone hanno solitamente riguardo e rispetto i cosiddetti "tutori dell'ordine", cioè per chi è pagato per vigilare sulla loro sicurezza e sul rispetto delle regole perchè hanno imparato che il loro compito è basilare per ogni tipo di convivenza civile... Altrimenti sarebbe una giungla!
Il balordo, invece, li considerà semplicemente dei rompiballe, degli ostacoli fastidiosi che, se le condizioni sono favorevoli, è meglio eliminare.

Credo che l'errore principale del vigile sia stato quello di sottovalutare la cosiddetta "forza del numero". Anche se si fosse trattato di sei ragazzini, si sarebbe sempre trattato di sei persone contro una. Il "branco" moltiplica le forze, rende eroi anche i più timorosi e soprattutto toglie le inibizioni e il senso di responsabilità. Il branco "trascina" anche le persone più tranquille e rispettose a comportamenti talvolta bestiali ed efferati che mai e poi mai commetterebbero se fossero da soli. Quante volte si legge sui giornali di stupri di gruppo o di pestaggi bestiali commessi da "bravi ragazzi"... E' la tipica logica del branco!
Dunque, PRIMA di approcciare il gruppo, l'agente avrebbe dovuto richiedere appoggio. Bastava anche UN solo agente per inibire di molto la carica psicologica dei facinorosi, aumentare quella degli agenti e rendere più complicata e rischiosa l'aggressione, riducendo quindi drasticamente le probabilità della sua messa in pratica. Molto probabilmente il gruppo avrebbe "rumoreggiato" un po' e poi si sarebbe dileguato. Come dice dice il proverbio: "uno fa per uno e due fanno per tre!".

Durante l'intervista l'agente ha raccontato anche di aver cercato in tutti i modi di non dare spalle a nessuno dei contendenti. Se in molti casi questo è vero, contro un gruppo di SEI individui che ti sciamano attorno la cosa diventa praticamente impossibile ed entrano in gioco ben altri fattori, molto più importanti e decisivi che purtroppo l'agente, stando all'intervista, non conosceva.

Con un corretto addestramento ed un'adeguata preparazione tattica e psicologica è possibile però affrontare con successo questo tipo di situazioni. Naturalmente per "successo" intendo il riuscire ad allontanarsi velocemente e senza troppi danni dal luogo dell'aggressione. Sei avversari sarebbero troppi anche per Ercole in persona!

Le tecniche e le strategie da adottare contro più avversari o nel mezzo di una folla fanno parte del curriculum di base dello studente di Gutter Fighting e se ben allenate ed applicate permettono di compiere il "miracolo" di farci uscire indenni (o quasi!) da queste scabrose situazioni.

La violenza fra fantasia e realtà

L'autodifesa fisica deve essere sempre l'ultima, disperata spiaggia, la nostra extrema ratio quando tutti i nostri tentativi di prevenzione, elusione e de-escalation  hanno fallito e, soprattutto, non avete nessuna via di fuga (che altrimenti sarebbe la prima opzione!).
Anche il Codice di Procedura Penale è chiaro riguardo all'uso della forza per l'autodifesa e pone precisi paletti e cioè: impossibilità di allontanarsi o fuggire, percezione di pericolo immediato per la propria incolumità o per quella dei propri cari, proporzionalità fra offesa e difesa (ad esempio non posso rispondere ad uno schiaffo con un colpo di piccone!). Fuori da questi paletti non si può più dire di aver subito un'aggressione, ma si sarà invece perseguiti per il reato di rissa, eccesso di difesa o aggressione.
Non sto parlando dunque di “maschie disfide” fra giovincelli sovraccarichi di alcol e ormoni, e nemmeno di quelle fra automobilisti inferociti che cercano di scaricare sul primo che capita la loro giornata disastrosa o loro frustrazioni, sto parlando invece dei casi in cui ci troviamo di fronte ad un'aggressione di tipo predatorio, cioè dove ci sono una o più persone fortemente decise e determinate a mandarci all'ospedale... O all'obitorio!

Il Gutter Fighting non è l'ennesima arte marziale o un insieme raffazzonato di tecniche più o meno fantasiose, ma il frutto di uno studio eseguito da medici, fisiologi, esperti di arti di arti marziali e operatori "sul campo", quali: militari delle truppe speciali, spie, guerriglieri, assassini prezzolati e poliziotti. Ma la cosa più importante è che le sue tecniche e le sue strategie sono il frutto di una spietata selezione eseguita in maniera scientifica dopo il "debriefing" di ogni singolo scontro REALE. Solamente le tecniche e le strategie REALMENTE EFFICACI nelle più svariate situazioni sono rimaste nel metodo, tutto il resto è stato inesorabilmente scartato.

Affinchè un sistema di autodifesa funzioni nel "mondo reale" deve soddisfare ad alcune condizioni imprescindibili, indipendenti dal metodo o dallo stile di lotta impiegato. Chi pratica arti marziali o sport da combattimento, oppure ha frequentato un corso di autodifesa, dovrebbe pensare per un attimo alle tecniche apprese e porsi queste domande.

Potrò eseguirle sotto la pressione del forte stress adrenalico conseguente ad un'aggressione predatoria?
Quando la nostra vita o la nostra integrità fisica sono in pericolo, il corpo reagisce con una potente scarica di noradrenalina e con l'aumento della frequenza cardiaca. Il corpo è soggetto a rigidità muscolare e tremiti ed ogni nostra azione, anche la più banale, diventa frustrante e problematica.
La voce diventa più acuta e stridula, si inizia a sudare, la respirazione diventa affannosa e la bocca si secca, ma soprattutto si subisce un vero e proprio "blocco mentale". Mille pensieri e recriminazioni si affollano nella vostra mente: "Ma perchè a me?", "Questo è matto, cosa faccio adesso?", "Che scemo sono stato, non potevo andarmene finchè potevo?"... Ma non ci potrà essere risposta perchè gli strati più esterni ed evoluti del nostro cervello, quello Razionale e quello Limbico, vanno in black-out e rimane attivo solo lo strato più interno, elementare e primitivo, il cosiddeto Cervello Rettiliano. La risposta più frequente sarà il cosiddetto "congelamento", ovvero si rimarrà immobili e bloccati, con tutti i muscoli del corpo tesi allo spasimo e le mani tremolanti.
I praticanti di sport da combattimento non pensino di cavarsela (siamo abituati a "combattere"!), lo stress da combattimento (quello vero, non quello regolamentato e sportivo) non è nemmeno lontanamente paragonabile allo stress da competizione.
Adesso pensate per un momento alle eleganti e sofisticate prese e controprese che avete imparato, o alle altre mirabolanti tecniche, così belle da vedere in palestra... Sarete in grado di eseguirle in questi frangenti?

Funzioneranno contro un avversario più abile, più giovane, più grosso, più forte e più in forma di me? Contro un avversario incazzato che mi si avventa contro in maniera selvaggia, carico di violenza ed aggressività, determinato a "spaccarmi le ossa"?
Funzioneranno in giacca e cravatta? Oppure coi jeans o la gonna stretta?

Funzioneranno se sarò fuori forma, malato, o ferito?

Funzioneranno in una stanza angusta, in un garage ingombro d'auto e attrezzi, in un ristorante pieno di sedie, mobili e tavolini, in uno stretto corridoio, oppure in ascensore?

Funzioneranno su un marciapiede cosparso di detriti o di qualsiasi altro ostacolo quale: vetri, pietre, veicoli parcheggiati, bidoni, ecc..?

Funzioneranno contro un attaccante che è sotto l'effetto di stupefacenti, che è ubriaco, che è folle?... O che eventualmente è sotto l'influsso di due o tutte queste ipotesi?

Funzioneranno contro due, tre o più attaccanti?

Funzioneranno contro un avversario armato?

Ci sarebbero alcune altre condizioni da esaminare, ma penso che queste siano sufficienti per una ragionata analisi.

Nessun metodo, per quanto eccellente, sarà mai perfetto. E non ci possono essere garanzie quando si tratta di un argomento così imprevedibile, caotico, e pericolosamente rischioso come uno scontro fisico. Tuttavia, ci sono dei sistemi maturati, sperimentati ed affinati in centinaia di azioni belliche, dove in palio non c'era una medaglia o la fama sportiva, ma semplicemente la propria pelle!
Questo li distingue e li rende la miglior strada da percorrere quando si deve decidere cosa allenare e cosa utilizzare quando la vostra vita o quella di coloro che amate è in serio pericolo. Questi metodi sono stati ideati, affinati e sperimentati in maniera da rispondere positivamente alle domande di questo articolo.

Siate reali.