Quella che io chiamo “la Trappola per
Topi” è particolare processo psicologico che subiscono le persone
durante un'aggressione fisica.
In questo post cercherò di descrivere
quest'importante processo nel
modo più generico e semplice possibile.
Le occasioni di subire un'aggressione
fisica sono molto più numerose e frequenti di quanto si immagini e
di solito avvengono nei momenti più inaspettati e sconvenienti.
È molto più facile di quanto si crede
e talvolta una banale discussione, uno scambio di battute, un
incontro casuale, uno sguardo troppo prolungato o persino un
incontro amoroso si possono trasformare - in un tempo incredibilmente
breve! - in un incubo che ci segnerà l'esistenza.
Il primo sentimento che di solito passa
per la testa della vittima è l'incredulità. Il pensiero più
frequente fa all'incirca così: «Non è possibile che questa cosa
stia capitando PROPRIO a me!».
Fino a pochi secondi fa eravate nella
più completa e tranquilla normalità e adesso state precipitando in
un incubo assurdo, in una di quelle situazioni che si vedono solo nei
film o nei telegiornali e che capitano sempre agli altri.
«Non
a me!», «Mi rifiuto di crederci, NON A ME!...».
Il sentimento successivo è quello di
arrabbiarsi con se stessi per essersi lasciati coinvolgere, oppure
per esser caduti ingenuamente in trappola. «Come posso essere
stato così idiota?», «Perché non me ne sono andato per la mia
strada?», «Ma chi me l'ha fatto fare di
fermarmi/discutere/rispondere/litigare/fidarmi?
(mettete voi la vostra opzione)».
Per completare il
quadretto, aggiungiamoci anche l'impossibilità di allontanarsi o di
fuggire. Vuoi per questioni di “ego” (un maschietto non vuole mai
fare la figura del “vigliacco”, specialmente se è assieme a una
femminuccia!), vuoi per l'effetto paralizzante della paura, o vuoi
perché è oggettivamente impossibile.
Proseguendo
nella scaletta delle emozioni, ecco che compare prepotentemente il
desiderio di non essere più
lì. Vorreste sparire,
andarvene
a casa vostra o in qualsiasi altro posto purché sia lontano anni
luce da quell'assurda
situazione e da quell'orco (o
quegli orchi) cattivo che
adesso vi trovate di fronte!
Fatto
sta che la frittata ormai è fatta e non si può più tornare
indietro, ecco perciò che entra in gioco l'ultimo, rassegnato
pensiero:
«Mio Dio, fa almeno che tutto questo finisca in fretta!».
Questo miscuglio di pensieri e
sensazioni è poi amplificato dalla sorpresa e dalla paura che può
essere più o meno intensa, a seconda della gravità della situazione
e della “soglia di resistenza” individuale.
Una persona che non
ha mai avuto a che fare con la violenza o con il crimine – quelli
veri – potrebbe subire un vero e proprio attacco di panico, con
tutti gli effetti disastrosi – immediati e futuri - che lo
caratterizzano.
Nelle vittime di un'aggressione fisica,
però, la reazione più frequente è il cosiddetto “congelamento”,
ossia si rimane completamente bloccati ed incapaci di qualsiasi
reazione, anche verbale. Il massimo che può fare una vittima
“congelata” è di balbettare qualche parola inconsulta o di
alzare timidamente le mani a protezione del viso, naturalmente senza
la minima efficacia.
Anche se l'ho tirata un po' per le
lunghe, tutto questo processo di pensieri ed emozioni si svolge in
realtà in brevissimo tempo, dopo di ché la vittima finisce il
completa balia del suo carnefice che ne potrà approfittare a suo
piacimento. Questo di solito significa subire un pestaggio (più o
meno grave), una rapina o uno stupro... Ma c'è anche di peggio.
Questo desolante processo di pensieri
ed emozioni è quella che io chiamo “Trappola per Topi” in
quanto, seppur involontariamente, ci mettiamo da soli in una
situazione senza uscita e senza speranze.
Prima ancora che la violenza fisica
abbia inizio noi avremo già assunto il ruolo di “vittima
predestinata”. Siamo già dei tremanti agnellini davanti ad un lupo
famelico, con l'ingenua e assurda speranza che se “faremo i bravi”
e non reagiremo il lupo diventerà buono e ci lascerà in pace,
oppure non infierirà più di tanto.
Saremo molto più preoccupati di
non “far arrabbiare” il lupo che della nostra incolumità, che
riteniamo ormai compromessa.
E' chiaro dunque che
L'autodifesa, la VERA autodifesa, è
essenzialmente una questione mentale e psicologica, tutto il resto
viene DOPO.
Non ci servirà a niente tempestare di
pugni un sacco imbottito o un povero manichino, saranno perfettamente
inutili le micidiali tecniche militari israelo-filippine, i terribili
calci rotanti alla Chuck Norris e le invincibili prese segrete
giapponesi, se prima non impareremo a conoscere ed evitare la
Trappola per Topi.
Se però non cambiamo il nostro modo di pensare,
di agire e di reagire, il nostro goloso cervello correrà
inevitabilmente su quell'invitante pezzo di formaggio all'interno
della gabbietta!
Non è semplice ed occorrono: pazienza,
conoscenza, consapevolezza e soprattutto un METODO, altrimenti
nessuna arma e nessuna tecnica di autodifesa potranno mai funzionare.
Nessun commento:
Posta un commento