giovedì 28 agosto 2014

La Trappola per Topi.


Quella che io chiamo “la Trappola per Topi” è particolare processo psicologico che subiscono le persone durante un'aggressione fisica.
In questo post cercherò di descrivere quest'importante processo nel modo più generico e semplice possibile.

Le occasioni di subire un'aggressione fisica sono molto più numerose e frequenti di quanto si immagini e di solito avvengono nei momenti più inaspettati e sconvenienti.
È molto più facile di quanto si crede e talvolta una banale discussione, uno scambio di battute, un incontro casuale, uno sguardo troppo prolungato o persino un incontro amoroso si possono trasformare - in un tempo incredibilmente breve! - in un incubo che ci segnerà l'esistenza.

Il primo sentimento che di solito passa per la testa della vittima è l'incredulità. Il pensiero più frequente fa all'incirca così: «Non è possibile che questa cosa stia capitando PROPRIO a me!».
Fino a pochi secondi fa eravate nella più completa e tranquilla normalità e adesso state precipitando in un incubo assurdo, in una di quelle situazioni che si vedono solo nei film o nei telegiornali e che capitano sempre agli altri.
«Non a me!», «Mi rifiuto di crederci, NON A ME!...».

Il sentimento successivo è quello di arrabbiarsi con se stessi per essersi lasciati coinvolgere, oppure per esser caduti ingenuamente in trappola. «Come posso essere stato così idiota?», «Perché non me ne sono andato per la mia strada?», «Ma chi me l'ha fatto fare di fermarmi/discutere/rispondere/litigare/fidarmi? (mettete voi la vostra opzione)».

Per completare il quadretto, aggiungiamoci anche l'impossibilità di allontanarsi o di fuggire. Vuoi per questioni di “ego” (un maschietto non vuole mai fare la figura del “vigliacco”, specialmente se è assieme a una femminuccia!), vuoi per l'effetto paralizzante della paura, o vuoi perché è oggettivamente impossibile.

Proseguendo nella scaletta delle emozioni, ecco che compare prepotentemente il desiderio di non essere più lì. Vorreste sparire, andarvene a casa vostra o in qualsiasi altro posto purché sia lontano anni luce da quell'assurda situazione e da quell'orco (o quegli orchi) cattivo che adesso vi trovate di fronte!
Fatto sta che la frittata ormai è fatta e non si può più tornare indietro, ecco perciò che entra in gioco l'ultimo, rassegnato pensiero: «Mio Dio, fa almeno che tutto questo finisca in fretta!».

Questo miscuglio di pensieri e sensazioni è poi amplificato dalla sorpresa e dalla paura che può essere più o meno intensa, a seconda della gravità della situazione e della “soglia di resistenza” individuale.
Una persona che non ha mai avuto a che fare con la violenza o con il crimine – quelli veri – potrebbe subire un vero e proprio attacco di panico, con tutti gli effetti disastrosi – immediati e futuri - che lo caratterizzano.

Nelle vittime di un'aggressione fisica, però, la reazione più frequente è il cosiddetto “congelamento”, ossia si rimane completamente bloccati ed incapaci di qualsiasi reazione, anche verbale. Il massimo che può fare una vittima “congelata” è di balbettare qualche parola inconsulta o di alzare timidamente le mani a protezione del viso, naturalmente senza la minima efficacia.

Anche se l'ho tirata un po' per le lunghe, tutto questo processo di pensieri ed emozioni si svolge in realtà in brevissimo tempo, dopo di ché la vittima finisce il completa balia del suo carnefice che ne potrà approfittare a suo piacimento. Questo di solito significa subire un pestaggio (più o meno grave), una rapina o uno stupro... Ma c'è anche di peggio.

Questo desolante processo di pensieri ed emozioni è quella che io chiamo “Trappola per Topi” in quanto, seppur involontariamente, ci mettiamo da soli in una situazione senza uscita e senza speranze.

Prima ancora che la violenza fisica abbia inizio noi avremo già assunto il ruolo di “vittima predestinata”. Siamo già dei tremanti agnellini davanti ad un lupo famelico, con l'ingenua e assurda speranza che se “faremo i bravi” e non reagiremo il lupo diventerà buono e ci lascerà in pace, oppure non infierirà più di tanto.
Saremo molto più preoccupati di non “far arrabbiare” il lupo che della nostra incolumità, che riteniamo ormai compromessa.

E' chiaro dunque che
L'autodifesa, la VERA autodifesa, è essenzialmente una questione mentale e psicologica, tutto il resto viene DOPO.

Non ci servirà a niente tempestare di pugni un sacco imbottito o un povero manichino, saranno perfettamente inutili le micidiali tecniche militari israelo-filippine, i terribili calci rotanti alla Chuck Norris e le invincibili prese segrete giapponesi, se prima non impareremo a conoscere ed evitare la Trappola per Topi.
Se però non cambiamo il nostro modo di pensare, di agire e di reagire, il nostro goloso cervello correrà inevitabilmente su quell'invitante pezzo di formaggio all'interno della gabbietta!

Non è semplice ed occorrono: pazienza, conoscenza, consapevolezza e soprattutto un METODO, altrimenti nessuna arma e nessuna tecnica di autodifesa potranno mai funzionare.

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