sabato 12 luglio 2014

Indirizzi utili per le donne.

Le percentuali di donne maltrattate sono allarmanti: il 31,9% di un campione di intervistate tra i sedici e i settant’anni ha dichiarato di subire violenza; il 4,8% di essere stata stuprata. Inoltre, quando le vessazioni avvengono all’interno delle mura domestiche, perpetrate di norma dal partner, l’omertà sull’accaduto è pressoché totale: le donne non denunciano. Perché?
Per paura delle conseguenze. Molte di loro temono che la situazione peggiori e, cosa gravissima, temono anche di essere giudicate o non credute, perché il più delle volte a seguito di una denuncia non vi è l’adeguata protezione della denunciante: l’uomo non viene messo in condizione di non fare più del male, in quanto i provvedimenti presi nei suoi riguardi non sono né restrittivi né tempestivi.

Questo significa che di frequente, dopo la denuncia, la donna è obbligata a tornare nel luogo in cui subisce i maltrattamenti: resta in attesa che la giustizia faccia il suo corso e, mentre il tempo scorre, l’accanimento su di lei non cessa.

Le botte, gli stupri ripetuti, la violenza verbale, l’insulto, la svalorizzazione sistematica, il disprezzo manifestato in tutti i modi possibili, la clausura forzata, il controllo, tutti questi  comportamenti che violano i diritti fondamentali della persona - anche nelle società cosiddette evolute - sono troppo spesso messi in atto da uomini che sono parte della famiglia della donna. Il meccanismo è talmente pervasivo, e mina in tal modo l’equilibrio psicologico femminile e l’autostima, che non di rado le denunce non partono, la paura sostituisce la rabbia, l’accettazione subentra alla ribellione.

Per quale motivo donne apparentemente “normali”, risolute, continuano a cercarsi partner violenti, che faranno loro del male?

Perché non riescono a spezzare la catena, questa è la risposta. Nel bellissimo libro “Donne che amano troppo” di Robin Norwood, l’autrice, individuando il filo rosso che lega storie di donne apparentemente diversisisme tra di loro, traccia una sorta di profilo psicologico di chi sia più a rischio di subire violenze dall‘uomo che ama, un uomo che abbia “selezionato” tra i tanti che, invece, avrebbero potuto essere dei buoni compagni. Un comportamento autolesionista che ha un’origine sempre nella prima infanzia.

Una bambina che sia stata svalutata e umiliata, che abbia subito o visto subire dalla propria madre abusi da parte del padre o patrigno, una bambina che abbia vissuto nel terrore, o che sia stata ignorata e poco amata, poco apprezzata o costretta a crescere troppo in fretta, avrà due strade da seguire da adulta: riproporre i modelli familiari “malati” che ha conosciuto, perché sa cosa aspettarsi, o cercare di superarli e guarire dalla sue ferite, e allora, comunque, dovrà riproporre lo stesso schema. E così, inconsciamente, la ex bambina violentata, disprezzata, non amata, presa a botte, la ex bambina figlia di padri alcolisti, violenti, deboli, cercherà un partner così, e lo troverà.

Per “salvarlo”, per salvare se stessa? No, perché chi sia stato svalutato da piccolo, interiorizza questo giudizio negativo (”merito” le violenze, “merito” il disprezzo”) su se stesso e senza volere ricrea situazioni in cui può confermare tale giudizio. E’ terribile, ma siamo fatti così.


Per questo esistono associazioni, gruppi di autoaiuto, centri antiviolenza, che sono stati creati e sono a disposizione delle donne vittime dell’abuso maschile. Per tutte coloro che siano stanche di ritrovarsi con uomini che le pestano a sangue, che le umiliano, che le stuprano, che le chiudono in casa e gettano la chiave, ma non sappiamo come fare a uscire dal loro cantuccio di dolore, ecco qualche indicazione utile:

Il sito Vita di Donna offre un’ampia panoramica sui centri antiviolenza in Italia regione per regione, con indirizzi e numeri di telefono.

L'associazione ONLUS Telefono Rosa con il suo team di psicologhe, offre consulenza, aiuto e protezione alle donne e ai loro figli vittime della violenza di partner e familiari.

L'associazione no-profit Doppia Difesa nata dalla collaborazione tra Michelle Hunziker e Giulia Buongiorno opera sul territorio promuovendo inziative per sensibilizzare sul problema degli abusi sulle donne, ma soprattutto fornisce, attraverso le sue sedi sparse in Italia, aiuto e protezione gratuitamente, anche dal punto di vista legale, a chi ne faccia richiesta.

Il primo passo da compiere, però, è riconoscere il problema e ammettere di averlo, senza mentire a se stesse. Spezzare la catena si può!

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